Inaugurazione domenica 9 ottobre 2022 ore 11,30 al Museo Tornielli, Ameno (NO)
La mostra fotografica itinerante del fotografo Robertino Radovix , “Nel cuore del Wakhan, le bellezze dell’Afghanistan” a cura di Elena Radovix, è ospitata nell’ambito del Festival del cinema rurale di Corto e Fieno 2022. Allestita negli spazi espositivi del Museo Tornielli di Ameno (NO), dal 9 al 23 ottobre 2022, comprende una serie di cinquanta fotografie scattate nel 2019 durante un viaggio nel corridoio del Wakhan.
Il corridoio del Wakhan è una striscia di terra affascinante ed impervia che si estende nella parte più orientale dell’Afghanistan; quasi tutto il suo territorio supera i 3.000 mt di altitudine e, incuneandosi tra il Tagikistan, il Pakistan e la Cina, si snoda tra le verdi praterie percorse dai fiumi Pamir e Wakhan e tra le steppe e le pietraie della catena montuosa del Pamir, le cui cime superano i 7.000 metri.
Area tra le più remote del mondo venne percorsa da Alessandro Magno nel 327, Marco Polo nel 1271 e Genghis Khan nel XIII secolo: ramo dell’antica via della Seta, è stata crocevia di comunicazione tra Oriente e Occidente.
E’ in questa terra severa, circa 2.500 anni fa, che si insediarono i Kirghisi e i Wakhi, minoranze etniche dalla vita rurale ed arcaica quasi sospesa nel tempo. I carovanieri kirghisi praticano ancora oggi un nomadismo pastorale: perennemente in viaggio con le loro mandrie di yak, cavalli e cammelli e con le loro abitazioni mobili, le yurta, vengono colti dagli scatti del fotografo Robertino Radovix durante le loro traversate, nei loro accampamenti temporanei, bivacchi tra le immensità delle notti stellate, quando è solo la luce calda di un piccolo falò ad illuminare i visi solcati da profondi segni e le mani anchilosate e ruvide che trattengono le umili vettovaglie contenenti il caldo tè nero.
La vita delle tribù e dei gruppi familiari Wakhi si basa, invece, su un’agricoltura di altura, dove ciò è possibile, e su colture di sussistenza, combinate con la pastorizia. Tra le piante che coltivano vi sono frumento, orzo, lenticchie e fave. Radovix li coglie nelle loro semplici abitazioni di fango e paglia essiccati al sole. Gli scatti li ritraggono intenti nei loro rituali, formulati nelle le loro lingue non scritte, intenti a cucinare attorno al focolare rialzato, a lavorare, a fumare oppio, l’unico antidoto al dolore e alla sofferenza, o semplicemente mentre si riposano, sfiorati dalla luce fioca che penetra dall’unico lucernario sul tetto. Si espongono agli occhi del fotografo fiduciosi ed accoglienti, avvolti nei loro coloratissimi abiti e foulard impreziositi da ornamenti sapientemente creati con file di perline infilzate e intrecciate. Fuori le mura dei piccolissimi villaggi le donne mungono e piccoli pastori accudiscono gli animali: capre, pecore nane, yak. I panni lavati nel fiume, preziosissima risorsa, nei brevi mesi estivi possono essere stesi sull’erba sotto un cielo terso, tappezzando come arazzi quel piccolo lembo di terra. Gli sguardi timidi dei bambini, pochissimi dei quali sanno leggere e scrivere, hanno tratti somatici, così come i loro occhi incredibilmente verdi o di un nero profondo, che rivelano le loro radici remote, iraniane e mongole, da cui discendono.
Le fotografie di Radovix sono una preziosa documentazione – tra il reportage, la fotografia antropologica e il ritratto artistico – della bellezza e ricchezza umana della vita quotidiana di queste popolazioni, la cui antica esistenza si confronta oggi con i recenti sviluppi geopolitici, rischiando di essere cancellata per sempre.
Una parte dei proventi derivanti dalla vendita delle foto, sarà devoluta ad EMERGENCY.